La prova genetica: criteri per la corretta esposizione dei dati scientifici in dibattimento

2021-11-02 16:37

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La prova genetica: criteri per la corretta esposizione dei dati scientifici in dibattimento

E’ noto a tutti gli operatori del settore Giustizia quanto le nuove conquiste tecnico-scientifiche, con particolare riguardo alla biologia forense, po

E’ noto a tutti gli operatori del settore Giustizia quanto le nuove conquiste tecnico-scientifiche, con particolare riguardo alla biologia forense, possano fornire elementi utili per i processi.

Il DNA, in particolare, è uno degli strumenti di identificazione più accurato ad oggi disponibile. La possibilità di operare l’identificazione personale è assolutamente utile per fini di Giustizia. Le applicazioni, infatti, spaziano dall’ambito civile (accertamenti di parentela) al penale (procedimenti per omicidio, violenza sessuale, rapina, stalking, etc.).

Tuttavia è bene rappresentare che il binomio “identificazione = colpevolezza”, specie quando si trattano procedimenti penali, può non essere corretto.

Con riferimento ai procedimenti penali, per ragioni di Giustizia e correttezza scientifica, si ha il dovere di rappresentare che un dato DNA può sia essere correlato con il delitto per il quale si indaga/si svolge un processo, ma può anche essere non correlato, ovvero trovarsi nell’ambiente ove è avvenuto il delitto – o su alcuni reperti – ma può non avere assolutamente nulla a che fare con il delitto in esame.

Tale discrimine – ovvero la valutazione del rapporto di contestualità tra la data traccia genetica e il fatto reato – è certamente l’operazione di valutazione tra le più complesse da condurre – sia per il tecnico che per il Magistrato, ma è fondamentale per l’iter di Giustizia.

La presenza di una matrice biologico-genetica in un dato luogo è spiegabile, infatti, in molteplici vie:

-                Il DNA è presente naturalmente in quel dato ambiente sottoposto ad indagine, cd “DNA background”; rientrano in questa categoria tutte quelle matrici biologiche presenti in determinate aree – chiuse e/o aperte – in cui un soggetto depone il suo DNA per la sua semplice presenza sul luogo

-                Il DNA è trasportato tramite vettore-operatore da un luogo terzo all’ambiente oggetto di indagine, cd “DNA da trasferimento” o “contaminazione”; in questa categoria rientrano quei DNA che vengono trasportati da un luogo all’altro. Può frequentemente avvenire che il DNA di un soggetto – per queste azioni – possa finire in un luogo ove il soggetto che ha deposto la matrice biologica non si è mai fisicamente recato (si pensi ad un “contatto” – DNA touching – che può avvenire tra due soggetti in una metropolitana con rilascio vicendevole di DNA sui vestiti di entrambi. Quando questi due soggetti – tra loro sconosciuti – rientreranno nelle loro abitazioni porteranno in queste DNA dell’altra persona, sconosciuta e che non è mai materialmente entrata in quella dimora).

-                Il DNA è contestuale al delitto; in questo caso, grazie al potere identificativo del materiale genetico, è possibile risalire con discreti margini di certezza all’identità del reo.

In ambito penale, particolarmente, vanno sempre tenute in considerazione queste tre ipotesi.

Il tecnico ha il dovere di rappresentarle tutte al Giudice ed alle parti. Ciò dovrebbe avvenire come “premessa” allorquando si redige una Consulenza Tecnica/Perizia e/o quando si affronta un dibattimento in cui si discute degli esami genetici.

Questa premessa va fatta perché è di fondamentale importanza informare nel modo più scientificamente corretto possibile la portata dei dati genetici di cui si andranno ad analizzare le risultanze.

La predetta premessa è altresì fondamentale per prevenire che il binomio “identificazione = colpevolezza” possa essere pre-accettato come corretto da parte del Giudice. Non sono infatti queste le caratteristiche del processo che si va a basare sulle prove scientifiche!

E’ certo che il processo, particolarmente quello penale, sta diventando sempre più tecnico e basato sulle nuove acquisizioni tecnico-scientifiche, grazie alle quali è possibile pervenire ad informazioni alle quali prima era impossibile giungere. Ciò, da un lato, aiuta molto il corso della Giustizia, permettendo di essere maggiormente precisi nelle ricostruzioni, ovvero di rendere quanto più possibile vicine la verità storica e la verità processuale, ma dall’altro si rischia che vengano commessi ab-usi delle risultanze scientifiche nel processo.

Per ab-usi si intendono quegli usi dei dati scientifici non parsimoniosi, incauti, o inverificati nel processo. Esempio di ciò sta nell’attribuire “per deduzione” o “per logica” una penale responsabilità ad un soggetto perché il suo DNA è stato rinvenuto in un dato luogo – scena criminis – o su un dato reperto.

In dibattimento, soprattutto – ma dovutamente anche nella consulenza tecnica per iscritto - è bene che l’esperto rappresenti i dati scientifici sia in quanto a discussione del genetico per fini identificativi, sia in quanto a – se possibile – valutazione del contesto tra traccia e fatto reato.

La valutazione di contestualità tra la traccia genetica ed il delitto è infatti la più utile ed accurata delle informazioni che deve essere offerta al Giudice per compiere utilmente le sue valutazioni.

In quest’ottica è bene considerare una serie di fattori che incidono, in modo più o meno marcato, su questa difficile valutazione:

-                Il DNA non è databile

-                Nessun esperto della materia può dare valutazione “sulla base della propria esperienza”; ciò infatti darebbe un grado di soggettività ai dati scientifici che – per loro natura – devono essere invece contraddistinti da criteri di oggettività e verificabilità

-                L’esame comparativo-integrativo di molteplici matrici biologiche, la loro dimensione, la loro distribuzione spaziale, etc. potrebbe dare informazioni utili per una valutazione del contesto

Va inoltre rappresentato che, sotto il profilo scientifico, ogni risultanza deve sempre essere riportata alla Corte sottoforma di rapporto di verosimiglianza (LR), in cui si mettono a paragone due ipotesi:

“il DNA appartiene a Tizio, imputato/il DNA appartiene ad una persona presa a caso nella popolazione, non per forza Tizio”

oppure

“il DNA appartiene a Tizio, imputato, ed il rilascio della traccia è contestuale al delitto/il DNA appartiene a Tizio, imputato, ed il rilascio della traccia non è contestuale al delitto”.

I dati genetici vanno sempre esposti dal tecnico – a prescindere dal suo ruolo nel processo – in modo comparativo. Ciò in conformità alle direttive dell’ENFSI (European Network of Forensic Science Institutes) in materia di corretta esposizione dei dati scientifici nel processo.

E’ perciò assolutamente indispensabile che ogni tecnico – a prescindere dal proprio ruolo di parte o meno in un dato processo – vada a riportare i dati scientifici alla Corte sempre conformandosi alle direttive della Comunità Scientifica Internazionale.

Così facendo si ha un duplice, importante, beneficio giudiziario:

-                La materia è ben esposta ed il Giudice potrà decidere sul thema con l’opportuna cognizione di causa

-                Il linguaggio e la metodologia di esposizione del dato tecnico-scientifico è condivisa, ed è quindi possibile la verifica dei dati (fattore questo di assoluta utilità sia nel procedimento che nel contesto scientifico).

Ciò evidenziato, sarebbe opportuna l’introduzione di standard nel processo italiano atti proprio a ben disciplinare – vista la notevole importanza – l’esposizione dei dati tecnico-scientifici nel processo.

Nel 2017 è stata pubblicata la Teoria della “Criminologia dinamica” (G. Francione – E. D’Orio, Criminologia dinamica. la via di Popper al dna ; Nuova Editrice Universitaria – Roma 2019) volta appunto a introdurre criteri oggettivi per la corretta acquisizione probatoria dei dati genetici in ambito processual-penalistico.

Sul punto, sinteticamente, così recita la teoria: “La criminologia dinamica richiede, la risposta rigorosa ai quesiti: "Quis quid ubi quibus auxiliis cur quomodo quando". Trattasi di una locuzione latina, che tradotta letteralmente significa «chi, che cosa, dove, con quali mezzi, perché, in qual modo, quando?». È un esametro elaborato da Cicerone (citato da San Tommaso d'Aquino) nel quale sono contenuti i criteri da rispettare nello svolgimento di una composizione letteraria: considerare, cioè, la persona che agisce (quis); l'azione che fa (quid); il luogo in cui la esegue (ubi); i mezzi che adopera nell'eseguirla (quibus auxiliis); lo scopo che si prefigge (cur); il modo con cui la fa (quomodo); il tempo che vi impiega e nel quale la compie (quando)… Utilizzando lo schema sopra  detto a un soggetto di cui sia stato trovato il DNA sul corpo di una persona uccisa, una volta sicuri dell’identificazione della persona, per la correttezza nella procedura di acquisizione della traccia, catena di custodia e analisi di laboratorio non basta quell’elemento per attribuirle il delitto. Bisogna stabilire in maniera precisa "come" quella traccia sia arrivata sul corpo, "quando", e soprattutto che rapporto abbia con l'eventuale azione omicidiaria, non potendosi escludere una contaminazione accidentale, ad arte o un lascito da parte del soggetto incriminato al di fuori del delitto di omicidio (casuale o rapportata ad altri eventi come occultamento di cadavere).”

Solo seguendo questa rigorosa metodologia il processo può realmente fondarsi su principi di robusta e verificabile scienza e, solo così, è possibile correttamente impiegare i più moderni sistemi scientifici nel processo.

Questa innovativa e avanzata metodologia è stata ulteriormente sviluppata nel testo “La Tavola delle Prove Legali” (Nuova Editrice Universitaria, Roma maggio 2021), sempre a cura del giudice  Gennaro Francione, libro premiato presso la Camera dei Deputati dall’Associazione “Amici di Totò, a prescindere - ONLUS in data 25.10.2021 con la seguente motivazione:

“Premio al Dott. Gennaro Francione, già Magistrato e Consigliere di Cassazione, è scrittore ed attore. Seguendo l’orientamento di Falcone ed Imposimato, nel saggio “La tavola delle prove legali”, con l’apporto di studiosi di scienze forensi, afferma con forza la necessità di una migliore giustizia processuale per ridurre il più possibile i rischi di una sentenza errata. Lo scritto evidenzia come il giudice deve utilizzare procedure scientifiche e tecnologiche per la scoperta degli autori dei delitti. Il saggio fa riflettere sulla necessità di una giusta trasformazione del processo penale che condanni il colpevole garantendo, nello stesso tempo, i diritti degli innocenti. Critico contro il processo indiziario evidenzia, dunque, la necessità di conoscenze certe e scientificamente testate contro le percezioni soggettive e personali di collegamenti e consequenzialità da parte dei giudici che potrebbero indurre a ingiuste sentenze. Si deve passare dal “giudice romanziere al giudice scienziato”, scevro dai condizionamenti dei “poteri forti” e della classe politica, per garantire veramente il vero rispetto della Costituzione, come l’art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, assicurando concretamente quello che è scritto nelle Aule dei Tribunali : “La Legge è uguale per tutti”. E’ quello che, invece, avviene nei Paesi civili, dove esiste “la vera democrazia” e non la “pseudo democrazia”, la “giusta Giustizia” uguale veramente per tutti, evitando tra l’altro, ogni tipo di condizionamento a cui vanno incontro i giudici togati, popolari e gli scienziati ausiliari, soprattutto nei processi eclatanti, sottoposti all’alta attenzione mediatica. <OMISSIS>. E’ doveroso riconoscere che il saggio per la sua scientificità e per il rigore è destinato a quanti operano nell’ambito della Legge. L’autore, infatti, propone una tavola delle prove legali con una griglia rigorosa su base popperiana cui i giudici dovrebbero attenersi nei processi. Altresì lo scritto smuove la coscienza civile proponendo un approccio critico al sistema radicato e granitico della giustizia.”

 

Dott. Eugenio D’Orio

Direttore, Bio Forensics Research Center

Perito di Biologia Forense