DNA forense e garanzie difensive alla luce della Sent. di Corte Costituzionale Nr. 239/17

2021-01-07 11:04

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DNA forense e garanzie difensive alla luce della Sent. di Corte Costituzionale Nr. 239/17

La materia inerente l’uso del DNA in ambito processual-penalistico è particolarmente delicata, sia per quanto riguarda la corretta metodologia di acqu

La materia inerente l’uso del DNA in ambito processual-penalistico è particolarmente delicata, sia per quanto riguarda la corretta metodologia di acquisizione delle fonti di prova genetiche da parte dei magistrati, sia per il rispetto e il controllo delle delicate procedure tecnico-scientifiche soprattutto in rapporto alle garanzie difensive.

La questione è assai complessa in quanto le risultanze genetiche sono spesso determinanti per l’esito di un procedimento.  Sia le difese degli imputati, sia gli stessi organi giudicanti hanno posto particolare attenzione alla valutazione delle corrette procedure utilizzate in tale ambito. Il focus si è accentrato non solo sulle procedure di analisi in laboratorio delle tracce genetiche, ma anche sulle procedure che riguardano l’acquisizione dei reperti o delle tracce direttamente sul luogo in cui avvenne il delitto (scena del crimine, ndr.).

La Cassazione, con la storica pronuncia della Sentenza 36080/2015 (relativa al caso dell’omicidio di Meredith Kercher) ha stabilito che risultanze scientifiche – genetiche in questo caso – provenienti da una dimostrabile errata applicazione dei protocolli scientifici non possono avere neanche valore indiziario, proprio perché derivanti da vizi, spesso insanabili.

La questione, di centrale importanza, è stata riproposta in molteplici procedimenti –soprattutto gravi delitti contro la persona – e sul punto è stata anche sollevata questione di legittimità costituzionale.

La Consulta, con Sentenza Nr. 239/2017, ha affrontato la questione in modo estremamente specifico. Da un lato, ha sottolineato la differenza tra “rilievi” ed “accertamenti”, confermando il precedente orientamento della Cassazione, secondo il quale solo gli accertamenti, atti tecnici per i quali sono necessarie competenze ultra-specialistiche, debbono essere eseguiti con le garanzie previste all’art. 360 c.p.p., mentre i rilievi, trattandosi di “attività routinaria” della PG, non sono perciò oggetto di tali garanzie. Nello specifico, i rilievi, rientrando nei cd. “atti a sorpresa” che la PG può esperire nel corso delle indagini, non prevedono pre-avvisi alle parti interessati, in quanto queste potrebbero – specie se la parte interessata è quella dell’indagato – cagionare alterazioni che potrebbero pregiudicare il buon esito delle operazioni investigative. Resta tuttavia salva la facoltà delle parti di avvisare i propri legali e consulenti tecnici quando la PG, esibendo l’opportuno mandato, inizia le operazioni di cui agli artt. 348 e 354 c.p.p.

Nel caso, invece, dell’accertamento tecnico irripetibile, ex art. 360 c.p.p., tutte le parti hanno diritto al congruo pre-avviso in modo tale da potersi dotare di consulenti tecnici che possono partecipare allo svolgimento dei lavori, ivi presentando eventuali osservazioni e riserve.

Posto quanto qui evidenziato, però, la Consulta ha approfondito ulteriormente la questione; infatti riconosce che i rilievi, quando si è all’interno di un procedimento/indagine complesso, richiedono operatori con competenze ultra-specialistiche, di fatto operatori che hanno una qualifica specifica che li distingue dai generici operatori del sopralluogo. Sul punto, così afferma:

 

“…Ciò però non esclude che tale prelievo, come altre operazioni di repertazione, richieda, in casi particolari, valutazioni e scelte circa il procedimento da adottare, oltre che non comuni competenze ed abilità tecniche per eseguirlo, e in questo caso … può ritenersi che quell’atto di indagine costituisca a sua volta oggetto di accertamento tecnico, prodromico rispetto all’altro da eseguire poi sul reperto prelevato…”

 

Appare, dunque, chiaro ed assolutamente necessario che si debba introdurre uno specifico servizio per lo svolgimento di questi rilievi – per la cui complessità si necessita di operatori formati ad hoc.

L’introduzione di questo servizio, infatti, che non necessariamente deve essere costituito all’interno della PG. Darà certi benefici in termini di svolgimento del Giusto Processo, ex art. 111 Cost., lo svolgimento di detti rilievi da un gruppo di specialisti altamente formati e fonte di garanzia sia per la difesa che per l’organo giudicante.

Una tale modifica del sistema giuridico è, inoltre, già stata proposta a più riprese da stessi esponenti della Magistratura.

Proprio su questa tematica, si è pronunciato il Dott. Gennaro Francione, Consigliere di Cassazione, il quale, ravvisando l’estrema delicatezza della questione sul corretto uso delle risultanze scientifiche a fini processuali e – al contempo – la necessaria assicurazione delle garanzie difensive, ha proposto l’introduzione di un Servizio Nazionale di Scienze Forensi.  Questo andrebbe formato da personale altamente specializzato per determinati atti, tra cui i rilievi relativi all’acquisizione di reperti o tracce biologiche nei casi di gravi delitti contro la persona.

Come proposto dal dott. Francione, detto servizio, onde assicurare scientificità e terzietà nel corso dell’operato, andrebbe istituito alle dirette dipendenze della Magistratura Giudicante, melius di un ripristinato Giudice Istruttore direttore terzo delle indagini. Il servizio entrerà in campo, ogni qualvolta si dovrà trattare un procedimento per delitti nei quali vi sono risultanze biologiche da valutarsi.

Verso questa stessa direzione, si sta muovendo anche UniBioFor – l’Associazione dei Biologi Forensi Italiani – la quale ha predisposto un percorso formativo ad hoc per certificare biologi forensi con comprovate e dimostrabili capacità e competenze di gestione delle evidenze biologiche sul luogo in cui si è verificato un delitto.

Attualmente, in assenza di questo servizio specialistico, sussistono ancora molteplici problematiche nella gestione del procedimento per fatti criminosi in cui vi siano fonti di prova biologica da trattare in contraddittorio. Assolutamente ricorrenti, infatti, sono le osservazioni e le censure che la difesa solleva in ordine alla bontà di acquisizione dei reperti – o delle tracce – sul luogo del delitto, sul mantenimento corretto e dimostrabile della catena di custodia e sulla corretta interpretazione dei dati genetici.

Ad oggi, le difese – purtroppo solo quelle che possono dotarsi di consulenti – sollevano nel dibattimento (o talvolta anche nel corso delle indagini preliminari) un’ampia serie di eccezioni su questi punti, la cui valutazione sarà poi rimessa al Giudice, che di certo non avrà compito facile.

Le difese dei cittadini meno abbienti, che non possono – in concreto – dotarsi di consulenti, rischiano di avere “minorata difesa” in quanto non potranno di fatto evidenziare, tramite uno specialista, eventuali eccezioni. Ciò, da un lato rende il processo non equo, e dall’altro rischia di viziare l’intero giudizio in quanto potrebbero non entrare nel dibattimento informazioni importanti di cui i magistrati giudicanti devono necessariamente tener conto per il congruo svolgimento delle loro valutazioni in ordine alla formazione delle prove scientifiche, prima, ed in ordine alle responsabilità penali personali dell’imputato, poi.

Con l’introduzione del Servizio Specialistico, detta situazione, oggi presente in modo importante, potrebbe trarre assoluto giovamento.

 

Dott. Eugenio D’Orio

Biologo Forense