Prova del DNA: la genealogia forense, nuovo strumento per le indagini scientifiche

2021-01-19 09:32

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Prova del DNA: la genealogia forense, nuovo strumento per le indagini scientifiche

La genealogia forense, un nuovo filone della biologia-genetica forense, consiste in una serie di tecniche aventi  lo scopo di identificare soggetti ch

La genealogia forense, un nuovo filone della biologia-genetica forense, consiste in una serie di tecniche aventi  lo scopo di identificare soggetti che hanno un probabile coinvolgimento in delitti  quali autori di reato.

E’ possibile risalire all’identità di tali  soggetti grazie a queste tecniche  quando il DNA trovato su una scena del crimine  non trova “riscontro” né nella banca dati del DNA, né nelle attività investigative condotte dalla PG. In pratica il  DNA di “ignoto” non fa match con quello dei sospettati.

La tecnica usa il confronto di DNA per “somiglianza” e mira ad identificare il ceppo familiare dal quale potrebbe provenire il soggetto “ignoto” di cui è stato ritrovato il DNA nell’ambito di un’indagine[1]. La procedura, infatti, mira proprio a valutare il grado di condivisione tra la traccia genetica del soggetto “ignoto” – di cui si vuole l’identificazione personale – e il DNA presente in specifiche banche dati.

Quando, dalla banca dati, si trova un elemento genetico  che ha un elevato grado di “somiglianza” con quello di un “ignoto”, allora si ipotizza – ovviamente con opportuni software a calcoli biostatistici – che l’“ignoto” possa essere un parente biologico del soggetto di cui si ha riscontro nel database di DNA.

Così facendo, gli inquirenti hanno notevolmente ristretto il campo di indagine e possono cercare il soggetto “ignoto” all’interno di un ceppo familiare ben specificato, ovviamente dal 1° grado di appartenenza finanche al 4° o 5° grado.

Quest’approccio, in uso dal 2019 specie in America, ha già portato all’identificazione di oltre 40 soggetti “ignoti”, cosa prima non possibile. Molti di questi, poi, a seguito dell’identificazione, sono anche stati giudicati colpevoli della commissione di gravi reati, le cui indagini iniziali avevano portato a un nulla di fatto.

Una open source molto utilizzata per queste applicazioni è GED match[2][3]. Infatti grazie proprio all’analisi di segmenti di DNA, detti IBD, ovvero “Identity by Discendent”, è possibile l’attribuzione del DNA di “ignoto” a specifici ceppi familiari. Nel 90% delle applicazioni i risultati sono stati favorevoli, ovvero grazie all’uso di questa metodologia si è giunti alla decifrazione di un delitto.

Detta procedura è particolarmente utile per i cd. “cold case”, ovvero quei casi criminali, avvenuti in passato, per i quali non è mai stato identificato il colpevole.  Esemplare al riguardo fu l’arresto e la condanna di Joseph De Angelo, meglio noto come il “Golden State Killer”, colpevole di numerosi omicidi negli anni 80 e 90 e poi identificato solo pochi anni fa grazie proprio alle metodologie di genealogia forense[4].

Tuttavia, sebbene questa metodologia sia  molto utile in ambito investigativo-forense, vi sono importanti implicazioni in materia di “tutela della privacy”. Infatti il DNA è noto essere un dato sensibile;  dunque,  va trattato come tale.

Nello specifico, se il cittadino che dona il proprio DNA alla banca dati non ne presta consenso per l’uso in questo specifico contesto, il dato, in concreto, non può essere utilizzato.

In America, spesse volte, l’impasse  è stato superato grazie a ordinanze di magistrati, i quali – per fini di giustizia – hanno disposto che venissero utilizzati per la ricerca tutti i DNA presenti nei database, anche quelli appartenenti a soggetti che non prestarono il loro consenso per lo svolgimento di questa specifica operazione.

La materia è assolutamente complessa. Da un lato, è dimostrata la sua efficacia in termini di fornire informazioni preziose per le indagini e per la soluzione dei casi, ma dall’altro ha forti implicazioni etiche e giuridiche connesse alla privacy.

Visto lo stringente regolamento italiano ed europeo in materia di protezione dei dati personali, sarebbe opportuno che il legislatore intervenisse ad hoc sul punto, andando a produrre una chiara normativa di riferimento per ben specificare i limiti ed i margini di applicazione di questa tecnica, ovvero i casi nei quali può essere applicata con l’ausilio dei database.

La metodologia della genealogia forense si configura dunque come uno strumento, a disposizione sia del giudice che delle parti, in grado di portare elementi oggettivi, scientifici e verificabili per assicurare lo svolgimento del processo su prove scientifiche assolutamente vigorose, anche tra loro incrociate e ben contestualizzate sotto il profilo logico-giuridico, oltre che scientifico[5].

 

Dott. Eugenio D’Orio

Biologo Forense

 

[1] Erlich, Yaniv; Shor, Tal; Pe’er, Itsik; Carmi, Shai (2018-11-09), Identity inference of genomic data using long-range familial searches, Science, 362 (6415): 690–694

[2]   Russell, Judy G. (December 10, 2019),GEDmatch acquired by forensic firm. The Legal Genealogist. Retrieved December 12, 2019.

[3] Vaughan, Adam. "DNA site GEDmatch sold to firm helping US police solve crime. New Scientist. Retrieved December 12, 2019.

[4] Phillips, Chris (2018-09-01). The Golden State Killer investigation and the nascent field of forensic genealogy", Forensic Science International: Genetics. 36: 186–188. 

[5] Tratto dall’elaboranda “Tavola delle prove legali”, di G. Francione, con interventi di E.D’Orio ed altri autori specialisti nelle diverse discipline tecnico-forensi, ed. Nuova Editrice Universitaria, Roma, 2021.